sabato 20 gennaio 2018

Chi innesca la marcia dei tuoi sogni? Dal libro "Sogna in grand e Realizza" di Vittoria Pezzullo e Roberto Bellotti



Voglio dire che nascono tanti sogni, perché qualcuno lo vogliamo realizzare e qualcun altro lo lasciamo andare? Nel mondo della formazione girano frasi incoraggianti tipo quella di Steve Jobs:

“Ogni sogno a cui rinunci è un pezzo del tuo destino che smette di esistere”.

I motivi per i quali non agiamo nella direzione della realizzazione di un sogno, possono essere vari, qualche volta mi soffermo e mi domando cosa ha causato in me quel determinato sogno? In genere, mi rispondo che voglio andare via da un'emozione spiacevole, un qualcosa che non mi piace in generale oppure verso un’emozione piacevole, un qualcosa che mi piace. Nel mio sogno realizzato di dormire in barca, andavo verso il piacere di dormire coccolato dalle onde e sono andato via dalle condizioni meteorologiche avverse fino a trovare la soluzione che mi piacesse. Sono rimasto contento, mi sono sentito vincitore? Sui vari social network, gira la foto di Nelson Mandela che afferma

“Un vincitore è un
sognatore che non si è mai arreso”

A volte, per cominciare ad agire per realizzare un sogno, occorre che ci sia chi innesca la miccia, posso essere io ad innescare i miei sogni o, qualche volta, possono farlo anche gli altri. Nel caso di andare a dormire in barca, mi ricordo che la voglia venne ad uno dei miei amici che non l’aveva mai fatto prima di allora. Non appena manifestò questo suo sogno, nacque in noi la sfida di realizzare qualcosa che non avevamo mai fatto da soli. Per l’età che avevamo, era indice di indipendenza. Qualcuno di noi aveva già dormito in barca, in compagnia dei genitori e su barche comode, cabinate e con cuccette riparate, barche attrezzate con tutte le comodità e che potevano reggere il mare agitato, e non soffrivano la pioggia, come invece il gozzo dei miei nonni, tutto aperto e senza grossi ripari, che usammo noi. C’è chi ama fare le cose in solitario e chi ama fare le cose in compagnia, a quell’epoca, la nostra era una squadra affiatatissima. Ognuno di noi aveva un ruolo e, a modo suo, un carisma: c’era a chi piaceva fantasticare di più, chi era il brontolone di turno, chi il bastian contrario, chi il saggio, chi si adeguava e chi voleva che le cose si facessero a modo suo, chi era riconosciuto come l’esperto e chi il trasgressivo, insomma eravamo proprio un bel gruppo eterogeneo. Nei gruppi di cui ho fatto e faccio parte, c’è sempre il pessimista che pensa a conseguenze nefasta e l’ottimista, che pensa a conseguenze piacevoli; chi vuole l’obiettivo così come è stato definito e manifestato la prima volta e chi punta a risultati diversi, a volte più difficili da realizzare, altre volte più facili. A volte occorre, per realizzare qualcosa, una squadra, un team e farne uno valido e duraturo non è facile. Ci sono tante storie personali che si intrecciano tra di loro, caratteri che vanno d’accordo oppure no.. Quella notte noi amici affiatati, avevamo uno scopo comune e nessuno aveva voglia di mollare, ci
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